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al testo di Ivan Pozzoni
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Vate vobis, finalmente è arrivato il vostro turno di a] tirare avanti l’ingranaggio della catena di montaggio, b] fondare case editrici, riviste, rigorosamente a vostre spese, c] sudare, come maiali, sull’organizzazione di antologie e volumi collettivi, d] ricercare di fare seria ricerca, e] inventare testi battendo tristi tasti di tastiere toste.
Vate vobis, è venuto il regno della dissoluzione di ogni forma poetica, fiat lux et fiat facta est in stabilimentum Thermae Himerae, or Tychy (Poland), or Sterlingh Heights (Michigan), è il momento dell’ortolano, avanguardista del rafano, di tentar la metrica, la metrica all’amatriciana del ristoratore, vincitore del concorso di Trescore, o l’endecasillabo sdrucciolo di vaselina, distintivo dell’artista ragazzina.
Vate vobis, siamo in democrazia, la lirica a due lire, lo stile è in svendita a chiunque abbia una stilo, il medesimo Giovanni lo stilita ci ha insegnato che cagare dall’alto di una colonna (di rivista o di giornale?) non è peccato, essendo addirittura requisito di santità dell’oggetto defecato.
Vate vobis, non incito alla cultura codina del circolo ristretto, che restringe l’accoglienza culturale a muri di lazzaretto, è che, le avanguardie, tutte e mille, hanno avuto unanime sentore ch’è il momento esatto, adesso, di strappare la casalinga di Voghera alla sua telenovela, gli scambisti di San Salvatore alla loro (meritata) orgia con tre uomini di colore, o il sacerdote di Masera ai vespri della sera, senza rilevare sociologicamente, facendosi un minimo di mazzo, se a costoro dell’impresa artistica interessi un cazzo.
[Qui gli austriaci sono più severi dei Borboni, 2015] |
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